Andando in giro in bicicletta credo di avere un posto privilegiato come osservatore degli automobilisti. I semafori e le relative code hanno riservato grandi sorprese nello studio della fenomenologia antropologica della razza dei guidatori di autosauro. Questa prima breve classificazione non è certamente sufficiente a descrivere una razza così complessa e diversificata, ma può fornire qualche linea guida per uno studio più approfondito.
Lo Scattista: comincia a dare colpetti a vuoto sull'acceleratore appena il semaforo diventa giallo nell'altra direzione. Spesso si fa fregare dal fatto che adesso a Milano i semafori pedonali hanno il verde che dura tre secondi e il giallo che ne dura trenta e svuota mezzo serbatoio a forza di rombate. Appena scatta il verde parte sgommando come un pazzo, e si ferma al successivo semaforo rosso 50 metri più avanti. Di solito li raggiungo con pedalata tranquilla, con uno sguardo di commiserazione e pietà in volto.
Lo Zinzinino-Più-Avanti: una delle specie che odio di più. Mi fermo con la bici oltre la linea bianca per non beccarmi gli scarichi dritti nel naso e lui non sembra darsene per inteso. Appena il semaforo diventa giallo nell'altra direzione (vedi sopra) comincia a venire avanti lentamente. Mi giro e lo guardo in faccia con aria perplessa. Lui viene avanti un altro po'. E il giochino va avanti così finchè non mi ha praticamente parcheggiato su un piede. Al verde parte normalmente, dopo aver risparmiato la bellezza di tre decimi di secondo sul tempo di percorrenza. Con questi parto guardandoli malissimo e scattando come un pazzo per avere il gusto di lasciarli indietro di qualche metro e farli sentire inferiori.
Lo Slalomista: la strada è larga appena quanto basta per due macchine. Ma appena appena, nel senso che due macchine affiancate hanno gli specchietti che si sfiorano e quella più a destra sfiora gli specchietti delle macchine parcheggiate. A ogni semaforo rosso, indipendentemente dalla posizione nella coda, se ne trova almeno uno che si infila di precisione tra la macchina davanti e quella parcheggiata, bloccando ogni spazio per bici e motorini, fino a fermarsi alla prima auto che sta dieci centimetri staccata dalla linea di mezzeria e invade quindi lo spazio a destra. Io me ne frego che tanto ci passo tra le macchine in fila e li supero da sinistra con agilità e uno sguardo di disprezzo, un motorino o una moto probabilmente lo odia a morte e lo vorrebbe uccidere sul posto.
Il Le-Freccie-Le-Usano-Gli-Indiani: altra specie tremendamente diffusa, e una delle ragioni per cui ai semafori sto davanti alle auto e non a fianco. Appena è verde lui parte e gira a destra senza segnalare. Cerco sempre di partirgli davanti e di stargli quanto più possibile in mezzo alle palle, aspetto il giorno che uno mi dirà qualcosa per rispondergli "Come facevo a sapere che giravi?" eventualmente aggiungendo un insulto a scelta a seconda di che cosa mi dice. Comunque glielo dirò tenendo in mano la catena con una luce minacciosa negli occhi.
Il Distratto: al rosso lui fa altro. Telefona, guarda la cartina, si gratta un tallone, smanetta sulla radio, si pettina. Appena è verde e quello dietro gli suona comincia a incasinarsi. Gli cade il telefono e sbatte la testa sul clacson cercando di prenderlo, comincia a cercare di piegare al volo la cartina finendo per distruggerla, si rialza di scatto e si inzucca sul volante, si ritrova radiomaria a tutto volume, si incastra il pettine nei nodi dei capelli e se ne strappa una ventina. A volte riesce anche a perdere il semaforo, e a farlo perdere a tutti quelli dietro. Io attraverso e dall'altra parte della strada li guardo tutti con ironia e compatimento, con negli occhi lo sguardo di chi pensa "dura la vita, eh?"